Quali consapevolezze possiamo portarci a casa dal programma di speech del Venice Sustainable Fashion Forum 2024, oltre che dal terzo report Just Fashion Transition? Ecco i nostri takeaways.
L’edizione 2024 del Venice Sustainable Fashion Forum, organizzato da Sistema Moda Italia, The European House Ambrosetti e Confindustria Veneto Est alla Fondazione Giorgio Cini, si è chiusa il 25 ottobre con un bilancio interessante, somma dei contributi degli speaker sul palco e dei dati del rapporto Just Fashion Transition, giunto anch’esso alla sua terza edizione.
Tutti presenti (o quasi)
Rubiamo l’ottimo spunto alla giornalista Laila Bonazzi, che in un post si è divertita a censire presenti e assenti, incluso l’ospite silente identificato da molti nel complesso di nuove norme e regolamenti con le quali le imprese del fashion & luxury si stanno già confrontando.
Chi altro c’era? Facciamo uno strappo all’etichetta e cominciamo da noi, presenti al Forum per la prima volta in qualità di partner con Massimo Brandellero, Matteo De Angelis e Francesca Rulli, chiamata a intervenire nella prima giornata dei lavori durante il focus del pomeriggio sullo studio di Ambrosetti.
Sul palco e in sala, brand, aziende della filiera (italiana) e grandi gruppi industriali, consorzi d’impresa e ONG internazionali, università, media specializzati, esperti di ogni materia correlata più o meno direttamente al tema centrale della conferenza Leading Re-generation, dove la chiave per il cambiamento del sistema è evidentemente l’innovazione sostenibile.
Non pervenute le istituzioni, sollecitate in apertura di evento a un maggiore ascolto delle imprese di un settore, quello della moda, che sta vivendo oggi una fase critica e sfidante al tempo stesso.
I numeri di Just Fashion Transition
La burocrazia è stata indicata da più voci come un freno allo sviluppo, tanto più perché va a colpire quella filiera a monte che per ragioni dimensionali, soprattutto, ha le spalle più deboli e dovrebbe essere dunque tutelata e agevolata. Ecco, questo è stato sicuramente fra i temi più ricorrenti della due-giorni veneziana: la richiesta trasversale da parte dei vari stakeholder di una burocrazia più snella e di processi approvativi più veloci di quel 2030 identificato come termine del processo di regolamentazione europeo. Si tratta di un tempo oggettivamente troppo lungo, un limite all’assunzione di decisioni strategiche e quindi alla competitività stessa delle imprese.
Lo studio di Ambrosetti Just Fashion Transition ha preso in considerazione le 100 aziende più grandi del settore moda europeo e 31 retailer globali, valutando il loro livello di presidio e le loro prestazioni di sostenibilità sulla base di dati raccolti negli ultimi tre anni. Sebbene 28 società non abbiano ancora un bilancio di sostenibilità, il campione ha registrato un miglioramento medio del presidio dei temi ESG del 12%. Il maggiore dinamismo si registra nel contrasto al cambiamento climatico: un terzo sta riducendo le proprie emissioni a una velocità doppia rispetto a quella richiesta dal piano UE per la transizione verde, rimarcando da un lato che la decarbonizzazione è possibile, ma anche il significativo ritardo dei restanti due terzi, tale per cui la moda europea, complessivamente intesa, potrebbe raggiungere i suoi obiettivi climatici con 8 anni di ritardo.
Ci confortano i dati tra loro comparabili, che non sono moltissimi fra quelli a disposizione, ma quei pochi ci dicono che a registrare i maggiori profitti sono le aziende che riducono di più le proprie emissioni.
Collaborare per superare la crisi e accelerare la transizione
Proviamo a tirare le somme, facendo una sintesi delle posizioni emerse dai vari interventi, oltre che delle indicazioni del report. Quali consapevolezze possiamo portarci a casa da questa terza edizione del Venice Sustainable Fashion Forum?
- La transizione alla sostenibilità non è più un’opzione, ma un processo inevitabile innescato da logiche di mercato, prima ancora che dal legislatore: chi su certe scelte è ancora fermo, considera i costi dell’agire senza tenere conto di quelli, molti più alti, del non agire.
- La rivoluzione normativa in atto è un fattore necessario ma non sufficiente a traghettare il sistema verso modelli di business autenticamente sostenibili, un interruttore ma non un elemento di accelerazione.
- Gli ambiti sui quali intervenire includono la semplificazione burocratica, regole più omogenee e certe, il rafforzamento della marginalità e una gestione sostenibile del debito per le piccole e medie imprese, che rappresentano quasi il 98% del settore; un accesso più agevole al credito e lo sviluppo diffuso di competenze specifiche.
- I consumatori, soprattutto i più giovani e/o culturalmente preparati, danno la sostenibilità come valore acquisito, sollecitando una maggiore disponibilità di informazioni a bordo dei prodotti in grado di orientare comportamenti di acquisto più consapevoli.
- Questo è il momento per guardare al futuro con ottimismo, interpretando come opportunità la fase di rallentamento che sta vivendo il comparto.
- La via maestra per rimuovere gli ostacoli risiede nella collaborazione sistemica fra stakeholder – le aziende della filiera con la loro conoscenza dei processi, i brand con la loro conoscenza del mercato – e nell’aggregazione come risposta ai limiti dimensionali delle singole imprese.
- L’armonizzazione dei dati per la tracciabilità dei prodotti e la misurazione degli impatti e la standardizzazione delle regole in ottica di semplificazione sono determinanti per la costruzione di filiere sostenibili in cui il valore sia più equamente distribuito.
Concludendo
“La rivoluzione normativa e di mercato va affrontata con nuovi modelli organizzativi e strumenti innovativi”, ha sottolineato Francesca Rulli a margine della sua partecipazione al Forum. “Rispetto a una decina di anni fa, quando siamo partiti con 4sustainability e poi con The ID Factory, registro un avvicinamento crescente fra brand e filiera. Il che si concretizza in investimenti, co-progettualità, armonizzazione dei metodi e dei dati, integrazione delle tecnologie a supporto… Quello che era ieri un obiettivo a cui tendere, perché già sapevamo che avrebbe generato efficienza e capacità di supportare un percorso di trasparenza e gestione di impatto, mi sento oggi di definirlo un’evidenza, una voce ben presente nelle agende e sui tavoli di lavoro a cui siedono insieme brand e aziende della supply chain e a cui partecipiamo anche noi a supporto di entrambi. Di tutto questo, la due giorni veneziana ha offerto ulteriori, importanti riscontri”.