FRANCESCA RULLI: LA SOSTENIBILITÀ COMINCIANDO DA ME

Qualcuno dirà: ci risiamo, la solita sognatrice… Oppure, ecco un’altra che vuole venderci qualcosa. E invece no, voglio solo raccontare la mia storia e condividere con chi ha voglia di ascoltare alcune riflessioni sul futuro, sul perché, oggi, è fondamentale pensare a nuovi modelli di business.

Una quindicina d’anni fa, lavoravo a ritmi frenetici nel mondo della consulenza, con un figlio di pochi mesi lasciato alle cure di tate e babysitter. La separazione e una brutta malattia hanno minato alle radici tutto il mio mondo: nel giro di un paio d’anni, famiglia e salute sono venute meno e con esse la sicurezza che a questi punti di riferimento è spesso legata.
Inevitabile, è arrivato anche il ripensamento delle mie scelte lavorative. Ma chi te lo fa fare, Francesca? A che scopo continuare come prima? Non so chi mi abbia dato la forza, ma ho capito in fretta che sarei dovuta ripartire da zero.

AGLI ESORDI DEL SOGNO

Ho trovato un piccolo ufficio, 2-3 colleghi e altrettanti clienti disposti a darmi fiducia. Era il 2007 quando fondammo Process Factory e ricordo bene la fatica dei primi anni, ma anche l’energia e la voglia grande di costruire. Quella voglia ce l’hai dentro di te, c’è poco da fare! Ma le va dato lo spazio e il modo per liberarsi, specie nei momenti più difficili quando avresti voglia di arrenderti, piuttosto che di continuare a lottare.

Mi sono chiesta spesso, negli anni, qual è il segreto per riuscirci: cosa genera quell’energia positiva che è il motore di tutto? come si fa a ritrovare la forza e l’entusiasmo quando il gioco si fa duro? Le risposte sono arrivate con l’esperienza e se oggi sento il bisogno di condividere con gli altri tutto questo è perché ho realizzato che bisogna ripartire da se stessi e dalle cose vissute per affrontare i momenti di crisi come quello che stiamo attraversando oggi.

All’inizio in modo nebuloso e poi sempre più definito, ho iniziato a visualizzare il mio sogno, che è diventata ispirazione grazie ad alcuni incontri felici. Nei primi dieci anni del mio lavoro, ogni comportamento, il modo in cui si facevano le cose, in cui si stabilivano le priorità… tutto, insomma, pareva orientato al profitto e solo a quello, senza troppa cura per le persone. L’unica eccezione a questa normalità, chiamiamola così, la coglievo nell’incontro con qualche “mosca bianca” dotata evidentemente di una testa diversa e di un diverso ordine dei valori. Due cose le accomunavano tutte: la capacità di ascolto e la creatività.

Forse ero predisposta di mio, ma questi incontri mi hanno certamente motivato a leggere e a studiare, per capire se il successo a cui ogni impresa deve tendere per definizione fosse possibile raggiungerlo altrimenti, mettendo al centro le competenze, la passione, il talento… E l’obiettivo, allora, mi è apparso chiaro: scegliere le persone giuste con cui proseguire.

I FATTORI CRITICI DEL SUCCESSO

Anno 2008: i 2-3 colleghi di cui sopra, 10.000 euro di capitale sociale – i pochi soldi messi da parte… – e un numero di clienti che, per contarli tutti, una mano avanzava. Poi una mano non è bastata più perché sono diventati 10, poi 30, 50… e oggi sono oltre 200 e la squadra anche quella è cresciuta, al punto che oggi siamo una trentina, tra interni ed esterni.

Come è accaduto? Come vorrei che proseguissero le cose? Ho avuto il tempo per pensarci e non ho dubbi su quali siano gli ingredienti per ricominciare, al netto delle competenze che devono evidentemente esserci e anche belle sviluppate… Visione, fiducia, creatività, metodo: eccoli i fattori critici del successo!

Saremo in grado di ripartire solo se avremo visione e cioè la capacità di immaginare un futuro diverso. Abbiamo bisogno di nuovi modelli di business, guai a ricominciare come prima o tutto quello che abbiamo passato – che stiamo ancora passando… – non sarà servito a niente!

Vogliamo davvero farci condizionare ancora dai media, a subire valori che valori non sono, perché poggiano su vuote dichiarazioni d’intenti prive di un reale fondamento? Vogliamo sul serio continuare a sentirci “qualcuno” in base a ciò che possediamo? Vogliamo, in tutta coscienza, riprendere a produrre senza preoccuparci di chi lavora per noi, della loro formazione, delle loro aspettative di crescere professionalmente e veder riconosciuto il merito, avendo accesso a un’equa retribuzione? Vogliamo sprecare ancora le risorse d’acqua e di energia e seguitare a produrre rifiuti da non saper più dove metterli e usare, più o meno consapevolmente, sostanze chimiche nocive per la salute e per l’ambiente? Dove ci hanno portato, finora, questi comportamenti? Che razza di soddisfazione ci danno?

Io credo che sia tutto quanto da ripensare, credo che ognuno di noi, oggi, abbia la possibilità di dare il suo piccolo o grande contributo per affermare un nuovo modello di sviluppo.

Come si produce valore? Ecco la domanda da porci! E non perché la sostenibilità va di moda, ma perché questo è l’obiettivo di fondo. Se il valore che produciamo come imprenditori riuscissimo a distribuirlo maggiormente fra coloro che ci hanno aiutato a realizzarlo, ci guadagneremmo la squadra e la soddisfazione vera, quella che ti fa alzare bene la mattina e andare a letto col sorriso.

Il proprietario – o l’azionista – ci mette il capitale e il rischio d’impresa, il management ci mette la guida, lo staff le competenze e la dedizione, i fornitori la flessibilità, la collettività ci mette la disponibilità e il supporto necessari, lo Stato gli strumenti a protezione del sistema… A ognuno il suo, insomma, tutti insieme coinvolti per fare cose nuove e produrre oggetti capaci di durare nel tempo, con contenuti di sostenibilità tali da ridurre l’impatto sull’ambiente, prodotti da poter riutilizzare, sviluppati per sfruttare nuovi tipi di energia… Il momento è adesso, non tra venti o dieci anni! Ora, subito!

Il mondo della moda, di cui mi sento parte attiva e consapevole, ha bisogno di trasformarsi integrando l’etica al business, la tutela dell’ambiente e delle persone al profitto. Ne ha bisogno a maggior ragione in un mercato sempre più esigente a livello di gestione dei rischi, costruzione della fiducia e tutela della reputazione.

ORA È IL MOMENTO DI CAMBIARE PASSO

La strada è tracciata: usare le risorse in modo responsabile, fare bene una volta un prodotto che vada bene a molti e farlo insieme, possibilmente, perché i risultati migliori vengono dalla collaborazione; aprirsi agli altri sposando la trasparenza, perché solo così possiamo proteggerci a vicenda; spingere tutti affinché chi fa sul serio venga premiato, distribuire diversamente il valore che ancora oggi è troppo sbilanciato a valle.

Il mio percorso recente, come ho accennato, è diventato ispirazione grazie ad alcuni incontri e poi progetto, grazie a collaborazioni importanti e a un team di cui vado molto orgogliosa. Insieme, abbiamo realizzato tantissimo. E così vorrei proseguire ma cambiando passo, stravolgendo se occorre l’organizzazione del lavoro, il modo di retribuire i collaboratori e i fornitori, di sviluppare prodotti e servizi.

Abbiamo davanti un’opportunità enorme e le priorità su cui concentrarsi sono evidenti: analizzare il nostro modello di business, individuare i fattori di cambiamento – sostituzione delle materie prime, revisione dei processi, risorse smart, fabbriche sicure, ottimizzazione della logistica, gestione dei dati… – e costruire piani d’implementazione che ci permettano di trasformare il modello produttivo per alcuni aspetti da subito, per altri nel tempo. Io dico che insieme si può fare! Io dico forza e coraggio, ce la possiamo fare!