Il Reporting di Sostenibilità è un processo realizzato dalle imprese per dare evidenza agli stakeholder delle proprie performance e dei propri impatti in ambito economico, sociale e ambientale. È un tema complesso anche alla luce delle recenti novità di legge, che estendono l’obbligo di rendicontazione a un numero sempre maggiore di imprese. Proviamo a semplificare questa complessità facendo chiarezza sull’essenziale.
Secondo GRI – Global Reporting Initiative, attraverso il Reporting di Sostenibilità, “un’organizzazione può comprendere e gestire meglio i propri impatti sulle persone e sul pianeta. Può identificare e ridurre i rischi, cogliere nuove opportunità e agire per diventare un’organizzazione responsabile e affidabile in un mondo più sostenibile”.
La spinta normativa
La crescente attenzione verso il modo di agire delle imprese e la loro capacità di generare impatti sulla società e sull’ambiente hanno prodotto importanti sviluppi sul piano normativo. Una svolta importante, guardando al recente passato, si ha con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 254/2016 – che recepisce la Direttiva Europea 2014/95/UE – che obbliga gli Enti di interesse pubblico a comunicare le proprie performance ambientali e sociali.
Secondo tale provvedimento, sono tenute a redigere la dichiarazione non finanziaria – soggetta a verifica da parte di un soggetto autorizzato – le imprese elencate nel D.Lgs 39/2010 che, per visibilità e importanza economica, sono soggette a specifiche forme di revisione legale (fra le altre, le società quotate in borsa, le banche, le imprese di assicurazione, gli intermediari finanziari…) e che hanno un numero di dipendenti superiore a 500 e un totale dello stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro o ricavi di almeno 40 milioni di euro.
Il Decreto prevede inoltre che anche le altre imprese non sottoposte ad obbligo, come ad esempio le PMI possano presentare una simile dichiarazione in forma volontaria e semplificata.
Attualissima e ancora più decisiva è l’approvazione della Corporate Sustainability Reporting Directive n. 2022/2464 (CSRD). Pubblicata il 16 dicembre 2022 sulla Gazzetta Ufficiale, rappresenta un tassello fondamentale del Piano di Azione UE sulla finanza sostenibile, a sua volta parte del Green Deal europeo.
In attesa del recepimento a livello nazionale previsto entro giugno 2024, la Direttiva amplia il campo delle imprese che saranno obbligate a redigere un Bilancio di Sostenibilità
- alle grandi aziende che abbiano due tra le seguenti condizioni: dipendenti superiori a 250, fatturato superiore a 50 ml €, attivo Stato Patrimoniale superiore a 25 ml € (obbligo dall’anno fiscale 2025)
- alle PMI quotate (obbligo dall’anno fiscale 2026 con opzione di astensione fino al 2028)
- alle imprese di paesi extra UE che abbiano generato in UE ricavi netti superiori a 150 mln € e che operano con una filiale o una controllata nel nostro continente (obbligo dall’anno fiscale 2028)
Oltre all’allargamento della platea di imprese coinvolte, la Direttiva introduce alcune specifiche per inserire le informazioni non finanziarie in modo integrato nella rendicontazione d’esercizio e, soprattutto, un nuovo set di standard e linee guida sviluppati da EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group). I nuovi European Sustainability Reporting Standard (ESRS) puntano maggiormente l’attenzione sull’integrazione degli aspetti di sostenibilità e sull’analisi del rischio da cambiamento climatico all’interno della governance e delle policy aziendali, richiedendo alle imprese un cambio di passo non solo nella raccolta e condivisione delle informazioni di sostenibilità, ma verso un modello di gestione di impresa orientato al futuro.
Gli standard ESRS sono stati concepiti per essere interoperabili con i GRI Standards e coerenti con le raccomandazioni della Task Force on Climate Related Financial Disclosures del Financial Stability Board e rifletteranno gli obblighi informativi emanati dalla EU Green Taxonomy e dalla Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence (CSDD). Lo standard GRI (Global Reporting Initiative), rappresenta comunque ancora oggi il principale riferimento per il reporting di sostenibilità nella sua ultima versione dei GRI Universal Standard 2021.
Agenda 2030 e UN Global Compact
Una nota doverosa va fatta per l’accordo di New York del 2015, che ha portato alla definizione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, con 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals) inglobati in un grande programma d’azione.
L’Agenda 2030 costituisce un riferimento di validità universale, che impegna tutti i Paesi a mettere in campo azioni e iniziative di miglioramento – ciascuno secondo le proprie capacità – per riuscire a raggiungere gli SDGs entro il 2030, appunto.
I 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile sono stati inseriti anche all’interno di UN Global Compact, la più grande iniziativa di sostenibilità aziendale internazionale che funge anche da catalizzatore per i futuri cambiamenti da sostenere nel settore privato per il raggiungimento degli SDGs entro il 2030.
Le implicazioni per l’industria della moda
Come abbiamo visto, non solo il mercato ma anche il legislatore spinge fortemente sulla trasparenza e la rendicontazione dei dati di impatto ambientale e sociale. Sempre più imprese saranno chiamate a dare evidenza non solo dei propri risultati economici attraverso il bilancio finanziario, ma anche del modo in cui li hanno raggiunti in termini di responsabilità sociale e attenzione all’ambiente.
“Per poter rendicontare le proprie performance di sostenibilità – spiega Francesca Rulli – occorre dotarsi di procedure e strumenti di misurazione dei KPI e realizzare progetti strutturati di riduzione d’impatto quale espressione concreta del proprio impegno. Per le aziende della filiera moda, i progetti sono quelli individuati come priorità dalle maggiori coalizioni globali di settore: responsabilità sociale e benessere organizzativo, riduzione dei consumi di acqua, energia e delle emissioni in atmosfera, circolarità, sostituzione delle materie prime con alternative meno impattanti, tracciabilità, chimica sostenibile… Sulla base di queste dimensioni abbiamo costruito il sistema 4sustainablity, affinché le aziende del settore possano attivare progetti coerenti da rendicontare attraverso il reporting di sostenibilità. Con il coinvolgimento graduale delle loro filiere nello stesso esercizio, i sistemi produttivi saranno sempre più trasparenti, gli impatti si ridurranno e, con questi, anche i rischi reputazionali e d’immagine”.
Il Bilancio di Sostenibilità
L’Unione Europea, i Governi, le comunità internazionali e i cittadini stessi sono sempre più esigenti nei confronti delle imprese, a cui chiedono di fare business in maniera più etica e attenta alla società, alle persone e all’ambiente. Soprattutto, chiedono di essere informati sulle performance connesse.
La comunicazione puntuale, periodica e trasparente delle iniziative e degli impegni da parte delle imprese è diventata insomma una delle maggiori richieste da parte degli stakeholder, alla quale le aziende si sono trovate a dover rispondere orientandosi sempre di più verso la redazione del cosiddetti Bilancio di Sostenibilità.
Il Bilancio di Sostenibilità, in quando prodotto del processo di reporting, è il documento con cui un’azienda rende conto delle proprie iniziative e performance di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. È il documento, in altre parole, attraverso cui comunica le sue azioni a tutela dell’ambiente, l’approccio che adotta nei confronti dei lavoratori, la sua relazione con il territorio e la comunità…, il modo in cui genera valore e lo distribuisce ai suoi stakeholder.
Grazie alle informazioni contenute in Bilanci di Sostenibilità realizzati attraverso standard di rendicontazione, gli stakeholder interni ed esterni sono in grado di farsi un’opinione e prendere decisioni consapevoli.
Il Bilancio di Sostenibilità non è solo un documento consuntivo che mostra i risultati raggiunti dall’azienda durante un dato anno di esercizio. È anche uno strumento che mette in relazione le performance economico-finanziarie con gli obiettivi dichiarati in ambito sociale e ambientale. Fornisce inoltre le modalità di gestione degli aspetti di sostenibilità maggiormente rilevanti per l’azienda stessa e i suoi stakeholder, in termini di valori, principi, policy e sistemi di gestione, gettando uno sguardo prospettico su impegni e obiettivi futuri verso lo sviluppo sostenibile.
Le fasi del processo di reporting
Affinché il Bilancio di Sostenibilità raggiunga i suoi scopi, è necessario che il processo per la sua redazione sia preciso e accurato. Le fasi principali del Reporting di Sostenibilità possono essere così schematizzate.
Definizione dell’impegno/commitment per la sostenibilità
Il processo di reporting può essere portato a termine e risultare efficace se tutta l’azienda – o una sua ampia porzione – viene ingaggiata nella sua redazione. Il punto di partenza del commitment è del management aziendale, che si impegna a perseguire un progetto di rendicontazione di sostenibilità con l’obiettivo di rendere conto delle proprie performance e sviluppare una strategia di sostenibilità.
L’impegno dei vertici dell’organizzazione è un passaggio cruciale da condividere con tutte le risorse e questo affinché il Bilancio non si traduca in un mero esercizio dettato delle esigenze momentanee, ma rappresenti l’avvio di un percorso più ampio verso un modello di business sostenibile.
Analisi di materialità: individuazione delle tematiche più rilevanti
Il secondo step consiste nel determinare i temi di sostenibilità maggiormente rilevanti per l’azienda e per i suoi stakeholder, quelli che saranno oggetto di approfondimento nel Bilancio.
Prevista dai principali standard di sostenibilità, l’analisi di materialità è uno strumento che consente di individuare gli impatti e gli aspetti più significativi per la propria strategia di business e di collocarli secondo una scala di priorità per costruire un percorso coerente orientato all’integrazione della sostenibilità nel proprio modello di business.
Il percorso di analisi prevede il coinvolgimento dell’organizzazione e dei suoi stakeholder, al fine di stabilirne le diverse esigenze e attese. Si può ricorrere allo scopo a interviste dirette, questionari, focus group e così via.
Con la nuova Direttiva CSRD, è stato introdotto anche il concetto di doppia materialità, che considera sia la valutazione degli impatti e delle tematiche di sostenibilità generate dall’azienda nei confronti dei propri stakeholder (prospettiva “inside-out”), sia la valutazione dell’impatto economico-finanziario delle diverse tematiche di sostenibilità sul business aziendale (prospettiva “outside-in”).
Definizione dei KPI
Una volta individuati i temi materiali, si procede a identificare i KPI (Key Performance Indicators), ovvero gli indicatori in grado di misurare le performance economiche, sociali e ambientali dell’azienda. L’azienda deve definire un set di indicatori in grado di fornire una serie di informazioni circa l’andamento delle proprie performance e gli impatti generati. Tale definizione deve avvenire secondo i principali standard di riferimento e, quindi, secondo gli standard GRI o i nuovi standard europei ESRS, se l’azienda è soggetta all’obbligo dalla Direttiva CSRD.
Raccolta dati
Definiti i KPI, si procede all’effettiva raccolta dei dati tra le varie funzioni dell’organizzazione, alla loro verifica e validazione interna secondo un processo da costruire con le funzioni responsabili.
Definizione degli obiettivi e piano di miglioramento
Completata la raccolta delle informazioni, i dati sono oggetto di un’analisi che porterà l’azienda a identificare le aree con maggior necessità di intervento e a definire gli obiettivi che comporranno il proprio piano di miglioramento. Tali obiettivi costituiscono il riferimento su cui l’azienda misurerà i propri progressi per l’anno successivo.
Il processo di reporting, per essere esso stesso sostenibile, deve presupporre infatti una comprovata capacità dell’azienda di costruire un processo di raccolta e analisi dei dati robusto e replicabile nel tempo, nonché di adottare un corretto approccio al miglioramento continuo.
Un buon Bilancio di sostenibilità non potrà che essere il risultato di buon processo di reporting, altrimenti il rischio è quello di creare solo uno strumento di comunicazione di breve termine che può trasformarsi anche in un boomerang. Il rischio da tenere sempre presente è infatti il greenwashing, una forma di comunicazione più o meno consapevole che di fatto diffonde un’immagine del produttore o del prodotto/servizio migliore di quella reale sotto il profilo del suo impatto ambientale.