Se è vero che il consumatore è sempre più orientato ad acquistare prodotti sostenibili e disposto per questo anche a spendere qualcosa in più, è altrettanto vero che sulla sostenibilità vera o presunta del prodotto c’è assai poca chiarezza. E questo anche ponendosi nella prospettiva sulla carta più vantaggiosa del produttore.
Restringiamo il campo al comparto moda: che cosa significa, nel concreto, realizzare un prodotto pulito o a basso impatto? Tra le variabili che influiscono, una delle più rilevanti ha senz’altro a che fare con lo sviluppo dell’articolo, sia esso un capo di abbigliamento o un accessorio, in tessuto oppure in pelle.
COSA SI INTENDE PER ECODESIGN
L’ecodesign o design sostenibile è la progettazione intelligente del prodotto finalizzata a eliminarne idealmente ogni impatto negativo sull’ambiente e sulle persone lungo il suo intero ciclo di vita: dallo studio alla produzione, alla commercializzazione, alla manutenzione, fino alla gestione del suo fine-vita.
Secondo una recente pubblicazione dell’Unione Europea, dal titolo Ecodesign your future. How ecodesign can help the environment by making products smarter, ben l’80% degli impatti ambientali di un prodotto sono definiti al momento della sua progettazione. Questo significa che in fase di design è possibile incidere – e non poco – sui suoi contenuti effettivi di sostenibilità prendendo in considerazione le materie prime, i processi di lavorazione e il destino del prodotto una volta esaurita la sua funzione originaria. Sono queste, infatti, le voci con le implicazioni più importanti a livello di consumi di acqua e di energia, di utilizzo di prodotti chimici più o meno dannosi per la salute umana e l’ambiente e di emissioni di CO2 in atmosfera.
Materie prime
Un buon inizio è optare per materie prime a minore impatto ambientale rispetto a quelle “tradizionali” – artificiali, sintetiche ma anche naturali come il cotone, che di acqua ed energia ne richiede eccome. Le alternative possibili sono diverse e vanno dalle materie prime biologiche a quelle riciclate e/o rigenerate, a quelle “tecnologiche” di nuovissima concezione.
Processi di lavorazione
La domanda da porsi, in questo caso, è se sia possibile e come rivedere i processi di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti riducendone per esempio l’impronta idrica, implementando un sistema di gestione della chimica più rispettoso dell’ambiente, riducendo gli scarti di produzione, eccetera. Ogni fabbrica che esegue processi di trasformazione può diventare “pulita” convertendo la produzione in modo da ridurne l’impatto, con risultati concreti e misurabili.
Fine-vita
Anche in questo caso, bisogna giocare d’anticipo, valutando già in fase di design come spostare in avanti la dismissione del prodotto in coerenza con i principi dell’economia circolare e cioè come recuperare, riciclare o riutilizzare anziché semplicemente distruggere. A questo si aggiunga ciò che è possibile fare in sede di progettazione per gestire il prodotto e il suo fine-vita ottimizzandone la manutenzione.
SERVE VISIONE D’INSIEME
Ricapitolando, un prodotto finale sostenibile è quello che, analizzando queste dimensioni, integra soluzioni tali da ridurre il proprio impatto a livello ambientale ma anche sociale. Scegliere con cura le materie prime o addirittura inventarne di nuove recuperando per esempio dei materiali naturali di scarto è senz’altro meritorio, ma occorre in parallelo rivedere i processi di trasformazione in modo da razionalizzare i consumi di energia elettrica, tutelare la salute dei lavoratori e via dicendo.
Rovesciando i termini del ragionamento, il risultato non cambia: adoperarsi per eliminare l’uso di sostanze chimiche dannose in produzione è cosa buona e giusta, ma bisogna procedere anche sui fronti delle materie prime e del fine-vita del prodotto.
È necessaria, insomma, una visione d’insieme che tenga conto di tutte le variabili, a salvaguardia della salute del lavoratore e del consumatore finale e anche della propria reputazione di azienda, sulla quale certe scelte impattano in misura sempre più consistente e misurabile.
PRODOTTI PULITI CHE PIACCIONO AL CONSUMATORE
Secondo Francesca Rulli, Founder e CEO di Process Factory/4sustainability®, la filiera moda ha una grande opportunità di fare bene per sé e per il pianeta, coniugando al meglio etica e profitto. “Se ogni azienda – spiega – rivedesse in ottica sostenibile i propri processi di sviluppo prodotto accrescendo le proprie competenze e strutturando ruoli in materia di design sostenibile in grado di interessare, oltre che la produzione, anche la gestione delle materie prime e dei fornitori, l’impatto ambientale di tutto il comparto ne risulterebbe fortemente ridotto. I prodotti puliti immessi sul mercato crescerebbero di numero e di ‘appetibilità’, grazie agli attributi positivi da proporre a un consumatore sempre più consapevole e conseguente nei suoi comportamenti d’acquisto”.