Anche quest’anno, il 22 aprile è l’Earth Day. Sono tante le cose da fare perché i nostri comportamenti diventino più rispettosi e attenti al bene del nostro pianeta. Il rapporto con il cibo, gli acquisti di beni durevoli e di consumo, le dinamiche che regolano i sistemi produttivi e la logistica… L’elenco è lungo e descrive un cambio di paradigma su cui siamo chiamati tutti ad accelerare.
Come ci siamo detti più volte, però, questo cambio è possibile solo agendo sulla cultura degli individui, diffondendo la consapevolezza degli impatti che certi comportamenti hanno sull’ambiente.
Nella scuola si è cominciato a insegnare questi principi solo in anni recenti ed è dunque un fatto che manchino a tante generazioni di adulti le conoscenze necessarie a sostenere un cambio così radicale di cultura.
Imparare dai bambini
Oggi che ricorre la Giornata Mondiale della Terra, abbiamo pensato di affidare le nostre riflessioni proprio ai bambini, chiedendo ad alcuni di loro, figli di nostri dipendenti e amici, di raccontare in un disegno cosa possiamo fare per proteggerla. “Da loro che sono la nostra speranza più grande non potevamo aspettarci altro che meraviglia”, racconta Francesca Rulli. “I bambini mostrano di avere idee e sentimenti che molti adulti, invece, faticano a elaborare: l’acqua come risorsa vitale, la gestione dei rifiuti e l’importanza del riciclo, il risparmio necessario dell’energia, il dispiacere per le fabbriche che inquinano, per gli enormi quantitativi di plastica prodotti e la corsa sfrenata ai consumi… Tutto quello, in sintesi, su cui dobbiamo intervenire per modificare le nostre cattive abitudini, cominciando per prima cosa a documentarci”.
Vogliamo far crescere questa iniziativa favorendo ogni occasione di confronto con i ragazzi. Porteremo nelle scuole la nostra conoscenza su questi temi per spiegare, come facciamo da sempre nel lavoro a supporto delle aziende, cosa è possibile fare per tradurre sensibilità e buone intenzioni in azioni concrete a tutela del pianeta”.
Una giornata lunga 51 anni
Ma cos’è la Giornata Mondiale della Terra e come siamo arrivati, quest’anno, alla 51ma edizione? La prima, nel 1970, fu organizzata a seguito di un gravissimo disastro ambientale: un’esplosione in un giacimento petrolifero a 10 km dalla costa della California causò il versamento in mare di 100mila barili di greggio e a poco servì la corsa contro il tempo per limitare i danni all’ambiente e la morte di migliaia di specie marine.
Sulla spinta dei movimenti ecologisti e dell’indignazione popolare, l’ONU istituì il primo Earth Day per richiamare l’opinione pubblica al dovere di proteggere l’ambiente come il bene più prezioso. Un monito che si rinnova ormai da anni coinvolgendo fino a un miliardo di persone in 192 paesi del mondo.
Il tema dell’edizione 2021 è Restore Our Earth, a esprimere l’urgenza non solo di ridurre il nostro impatto ambientale, mentre proviamo a reagire agli effetti della pandemia, ma di moltiplicare gli sforzi per rimediare ai danni che già abbiamo causato.
E l’industria della moda?
Ispirato dai Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite e dalla Global Fashion Agenda, il mondo della moda è oggi impegnato attraverso sodalizi e protocolli comuni nella trasformazione dei modelli di business su temi centrali come la tracciabilità, la riduzione dei consumi di acqua ed energia, l’eliminazione della chimica tossica e nociva dai cicli produttivi, la lotta al cambiamento climatico, il miglioramento delle condizioni dei lavoratori, l’economia circolare, la giustizia sociale e altro ancora. Tutte sfide che richiedono a monte un cambiamento culturale come quello sopra descritto e che Process Factory ha non a caso integrato nel sistema di implementazione per la filiera moda che sottende al suo marchio 4sustainability®.
Green is the new black
Sono tantissime le iniziative in programma quest’anno per l’Earth Day. Capsule collection, maratone televisive, raccolte fondi, progetti di ricerca, campagne di sensibilizzazione… Green is the new black, verrebbe da dire, ma dove finisce l’apparenza e dove comincia la sostanza? Perché se è vero che le cose stanno cambiando – e si coglie dai piccoli gesti e dalle tante nuove consapevolezze che le cose stanno cambiando – vero è anche che la sostenibilità richiede una trasformazione radicale e che non esistono scorciatoie.
“Solo modificando stili di vita, modelli di business, comportamenti individuali e collettivi – conclude Rulli – potremo distinguerci come la prima generazione ad aver maturato un’idea chiara dell’impatto dei cambiamenti climatici sul nostro pianeta, ma non l’ultima che poteva agire per salvarlo e non l’ha fatto”.