È interamente dedicata al Covid-19 l’edizione speciale della CEO Global Fashion Agenda 2020 pubblicata lo scorso maggio in collaborazione con McKinsey & Company per indirizzare gli amministratori delegati delle aziende di moda nelle scelte per recuperare redditività.
La strada? Una maggiore resilienza e politiche concrete di sostenibilità per supportare la trasformazione dei modelli di business in senso sostenibile.

Eva Kruse, CEO di Global Fashion Agenda, si dice ben consapevole che la priorità assoluta per tante aziende è oggi sopravvivere. “Tuttavia – sostiene – la crisi è anche una chance per rivedere il lessico della moda e le sue logiche”. Di qui l’invito a imprenditori e manager a “ricostruire il sistema, in uno sforzo collettivo capace di garantire un futuro più giusto e resiliente”.

PENSIERI E AZIONI: CONSUMATORI, INVESTITORI, LEGISLATORI

Passato il picco della pandemia, rivela ancora McKinsey, due terzi dei consumatori considerano la sostenibilità più cruciale che mai per limitare gli effetti sui cambiamenti climatici. Molti indicatori mostrano inoltre un crescente impatto della sostenibilità sui rendimenti degli investimenti: scegliere la sostenibilità, in sintesi, assicura rendimenti più adeguati al rischio. A livello normativo, poi, le misure a sostegno delle imprese per la ripresa prevedono incentivi crescenti per chi si impegna sul fronte ambientale e sociale.

COVID-19: LE SEI OPPORTUNITÀ DELLA GLOBAL FASHION AGENDA 2020

  1. Mappare gli impatti sociali e ambientali lungo la catena del valore: la capacità di tracciare dove e come i prodotti sono realizzati è il primo passo per valutare i rischi connessi a diritti umani, clima e biodiversità.
  2. Costruire la fiducia e la fedeltà al brand: più i brand sono trasparenti e credibili, più i consumatori sono disposti a premiarli in termini di acquisto.
  3. Impostare le relazioni con i fornitori su basi paritarie: la crisi ha evidenziato l’opportunità di coinvolgere i propri fornitori collaborando, condividendo incentivi finanziari e investimenti in innovazione.
  4. Indirizzare gli stock di invenduto verso nuovi modelli di business: è ora di sperimentare strade alternative per gestire le crescenti scorte di invenduto in magazzino, incentivando anche a livello di formazione interna le pratiche di riuso e riciclo.
  5. Accelerare la digitalizzazione dei processi aziendali: i benefici connessi sono riferibili ai flussi di cassa, alla gestione degli inventari, alla riduzione dei rifiuti, ecc.
  6. Dare forma a modelli di e-commerce più robusti, efficienti e a basse emissioni di CO2: nel periodo fra aprile e settembre 2020, l’aumento degli acquisti online è stimato al 35-40%, secondo un trend che non esaurirà i propri effetti al rientro della crisi.

Karl-Hendrik Magnus, Senior Partner di McKinsey & Company, non ha dubbi: “Gli effetti del Coronavirus rappresentano la più grande sfida mai affrontata dall’industria del fashion, con un impatto senza precedenti su imprese e lavoratori. La sostenibilità della moda sta diventando sempre più importante per i consumatori, gli investitori e i legislatori. I leader del settore dovrebbero quindi rinnovare i propri impegni e trovare il modo di sfruttare la crisi come un’opportunità per accelerare la trasformazione”.

E I DESIGNER?

Creativi e stilisti si esprimono con toni analoghi, facendo proprie le considerazioni su Covid-19 e le sei opportunità per una moda sostenibile: sfilate che raccontino alla gente ciò che troveranno nei negozi dopo qualche settimana, invece che dopo mesi; saldi a fine stagione, invece che a metà e, soprattutto, meno collezioni. Ne è convinto Dries Van Noten, designer di Anversa alla guida di quello che si configura come un vero e proprio movimento globale per il cambiamento. “Tanti prodotti non aiutano nessuno – afferma – e non è detto che un abito dell’anno prima sia per forza fuori moda. Bisogna cambiare i tempi delle sfilate: la stagione autunno-inverno fra agosto e gennaio e quella primavera-estate tra febbraio e luglio. Ma guai a procedere in ordine sparso”.

GLI ESPERTI CONCORDANO

Francesca Rulli, ideatrice del marchio 4sustainability® che attesta l’adesione delle aziende del fashion alla roadmap per la sostenibilità, codifica le regole di ingaggio: 1. affrontare il cambiamento con metodi armonizzati e condivisi per concentrare gli investimenti su obiettivi chiari e percorribili; 2. garantire le performance comunicate; 3. fare partnership con la filiera per renderla più corta, efficiente e innovativa.

“Molti studi – spiega – esprimono per lo più la posizione dei grandi operatori del mercato. Questa su “Covid-19: sei opportunità per un’industria della moda sostenibile” non fa eccezione. Per questo, in partnership con un’importante Università internazionale, abbiamo deciso di avviare una ricerca che coinvolge tutti gli anelli della filiera e punta a sviluppare soluzioni utili a ‘resettare’ il sistema. Presenteremo auspicabilmente i risultati a fine 2020 in occasione dell’evento annuale 4sustainability®”.

FILIERE CORTE E NEARSHORING

Un’ultima nota in chiusura. A livello operativo, le aziende dovranno rivedere i loro modelli in ottica di riduzione dei costi di produzione, garanzia di liquidità e adeguamento degli assortimenti prodotti. Il che presuppone un ripensamento della catena di fornitura per:

  • monitorare regolarmente la produzione per individuare possibili interruzioni prima che si verifichino e attutire il colpo
  • rafforzare filiere integrate sostenibili regionali
  • esplorare attività di nearshoring per apportare flessibilità e autonomia agli impianti di produzione