Che cosa è emerso di significativo dall’ultima conferenza sul clima COP27? A Sharm-el-Sheik, lo scorso novembre, molti player della moda e del lusso hanno comunicato i propri impegni e i risultati già raggiunti per la riduzione delle emissioni di carbonio.
Secondo gli osservatori, l’unico grande obiettivo raggiunto dalla COP27, la ventisettesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, sarebbe l’istituzione di un fondo per i ristori delle perdite e dei danni derivanti dal cambiamento climatico. Giudizio troppo severo? Di notevole, per certo, c’è anche il moltiplicarsi di annunci da parte di brand e sodalizi del fashion & luxury sul contributo offerto alla transizione sostenibile del sistema, un contributo che punta soprattutto su circolarità, energie rinnovabili, produzione e logistica avanzata.
In ordine sparso e non
Tra gli appuntamenti della COP27, il fondatore di Yoox net-a-porter Federico Marchetti e l’amministratore delegato di Brunello Cucinelli Riccardo Stefanelli sono intervenuti per illustrare i risultati e i progressi del progetto Himalaya Regenerative Fashion Living Lab. Il progetto, che si avvale sul campo dell’associazione Reforest Action e della Circular Bioeconomy Alliance sostenuta anche da LVMH, ha come obiettivo principale quello di creare delle catene di valore intervenendo sulle comunità di alcune aree dell’Himalaya, ripristinando paesaggi degradati e recuperando le tradizioni artigianali e tessili per migliorare le economie locali del cashmere, del cotone e della seta.
Ad oggi, sono stati piantati oltre un milione di alberi, contribuendo a garantire un lavoro a 354 persone e coinvolgendo più di 1700 proprietari terrieri, famiglie e agricoltori locali.
Ha avuto una certa eco l’iniziativa congiunta della Global Fashion Agenda (GFA) e del Programma ONU per l’Ambiente (UNEP): a una consultazione online volta a sollecitare i consumatori su obiettivi e misure coerenti in termini di impatto ambientale nella moda, si accompagnerà un programma di seminari in America Latina e Caraibi, Asia occidentale, Asia-Pacifico e Africa.
Incentrato sulla tutela delle foreste con l’obiettivo di arrivare a un approvvigionamento responsabile delle fibre di cellulosa, il progetto Canopy coinvolge 750 brand e gruppi industriali, fra cui Kering, H&M, Inditex, Fast Retailing, Gap Inc. e ancora LVMH. Nel corso della conferenza, i firmatari si sono impegnati ad acquistare collettivamente oltre mezzo milione di tonnellate di materiali meno impattanti in termini di CO2 per produrre abbigliamento, accessori e confezioni.
L’accordo dovrebbe sbloccare i finanziamenti per 10-20 fabbriche di cellulosa a basso impatto per produrre queste fibre. Allo studio c’è anche l’utilizzo di residui agricoli e tessili riciclati nella ricerca di alternative al legno. Il progetto Canopy stima che per evitare l’uso attuale delle fibre a pasta di legno da parte del mercato, “basterebbe” il riciclo del 25% del cotone e del 25%.
Un comunicato della Better Cotton Initiative ha indirizzato ai leader mondiali un “preoccupato avvertimento”, richiamandoli a passare dalle parole ai fatti.
La BCI si è posta l’obiettivo di ridurre del 50% entro il 2030 le emissioni complessive dei produttori di cotone che rappresenta. Ad inizio 2023, saranno annunciati ulteriori obiettivi relativi a salute del suolo, uso di pesticidi, mezzi di sussistenza dei piccoli agricoltori, ecc.
Il gruppo veneto OTB, che comprende i marchi Diesel, Jil Sander, Maison Margiela, Marni e Viktor&Rolf, ha colto l’occasione della COP27 per aderire al Fashion Pact e condividerne gli obiettivi.
Tra gli impegni assunti a livello nazionale, citiamo quello condiviso da Regno Unito, Stati Uniti, Norvegia e Paesi Bassi – Paesi chiave per il trasporto merci internazionale, in particolare per l’industria dell’abbigliamento… – per la creazione di collegamenti marittimi verdi tra i loro porti.
In vista della COP15 (United Nations Biodiversity Conference) in programma a Montreal dal 17 al 19 dicembre, il Giappone ha fatto sapere di aver già firmato una serie di impegni con le Nazioni Unite a tutela della biodiversità.
La moda sta facendo abbastanza?
Alla domanda se la moda stia facendo abbastanza per ridurre il proprio impatto si è cercato di dare una risposta durante il panel Fashion Industry on the Race to Zero previsto nel programma della COP27 a cui hanno partecipato fra gli altri la responsabile della sostenibilità e degli affari istituzionali del gruppo Kering Marie-Claire Daveu, il responsabile sostenibilità di Puma Stefan Seidel, la presidente di GFA Federica Marchionni e Leyla Ertur, Global Head of Sustainability del gruppo H&M.
L’evento è stato organizzato dal Fashion Industry Charter for Climate Action, un’iniziativa lanciata nel 2018 durante la conferenza Cop24 in Polonia e rinnovata alla Cop26 di Glasgow dell’anno scorso. Lo scopo è di portare a zero le emissioni di gas serra dell’industria della moda entro il 2050, attraverso la costituzione di gruppi di lavoro impegnati sulle sfide più complesse che deve affrontare il settore: dalla gestione delle materie prime all’uso delle fonti di energia, dalla logistica alle tecniche di produzione, alla comunicazione di sostenibilità.
Una delle evidenze emerse dal dibattito – se mai ce ne fosse stato bisogno – è che salvare il pianeta ha un costo che non tutti sono disposti a pagare. È vero, i contributi finanziari del settore stanno iniziando a crescere, ma sono ancora una goccia nell’oceano.
Commentando l’ammissione della Marchionni per la quale “siamo lontani da dove dovremmo essere”, Francesca Rulli ricorda il fiorire negli anni di commitment sul clima, a cui però hanno fatto seguito poche azioni misurabili. “Alcuni brand stanno realizzando progetti importanti per la riduzione d’impatto, coinvolgendo come necessario – e come previsto dalle migliori pratiche – le loro filiere produttive. Il processo di emulazione che tutti vorremmo stenta però a decollare, purtroppo… Noi facciamo la nostra parte con l’iniziativa Planet del framework 4sustainability, che supporta l’implementazione in filiera di progetti per la riduzione degli impatti ambientali incentrati sulla misurazione dei dati e sul miglioramento delle performance, con particolare riferimento ad acqua, energia ed emissioni di energia”.