Il Green Jobs Report 2023 di ManpowerGroup evidenzia la carenza diffusa di figure capaci di guidare la transizione delle aziende a modelli di business sostenibile
Secondo un’indagine di ManpowerGroup, agenzia multinazionale americana fra le prime al mondo in ambito HR, il 94% dei datori di lavoro ammette di non avere in azienda i professionisti necessari per raggiungere i propri obiettivi ESG. Il vincolo non è di poco conto, se consideriamo l’accelerazione impressa dal mercato e dal legislatore per favorire l’affermazione di modelli di business sostenibile. A livello europeo, il numero di normative in arrivo la dice già lunga sul percorso a cui sono chiamate le imprese e non più solo per scelta etica volontaria, ma per obbligo.
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive, la Green Claims Directive e il Regolamento sull’Ecodesign per i Prodotti Sostenibili (ESPR), che include il capitolo-chiave del Digital Product Passport, sono tre dei tanti esempi possibili. Tutti si inseriscono nel Green Deal dell’UE, che da una parte impone e dall’altra incoraggia, stanziando fondi per 225 miliardi di euro.
Aggiungiamo al quadro gli indicatori sulle preferenze degli investitori e le stime secondo le quali performance ESG scarse possono incidere negativamente sui risultati fino al 21%.
A caccia di green skills
Il combinato di queste e altre considerazioni fa sì che circa il 70% delle aziende sia in cerca di “talenti verdi”, con una mobilitazione trasversale a tutti i settori a partire da quelli manifatturiero, delle operazioni e della logistica e dell’IT.
Peccato che le figure già pronte scarseggino. Se da una parte, poi, la domanda di green skill è largamente superiore all’offerta, dall’altra il 67% delle persone in cerca di lavoro preferisce candidarsi per aziende seriamente impegnate nella riduzione dei propri impatti. È insomma un cane che si morde la coda: mancano i professionisti necessari a realizzare quella transizione vissuta dalle risorse come elemento di attrazione per scegliere un’azienda piuttosto che un’altra!
Le professioni in ascesa
Tra le tante evidenze convergenti di questa fotografia, l’elenco delle professioni in ascesa realizzato ogni anno da LinkedIn ci aggiorna sulle tendenze di un mercato del lavoro attraversato oggi da cambiamenti profondi, oltre che dalla perdurante incertezza della situazione economica.
La classifica 2023, che prende in considerazione il periodo da gennaio 2018 a luglio 2022, mette sul podio due figure in crescita prepotente, più un “classico” stabile da anni al primo posto: il Business Developer o Addetto allo Sviluppo Commerciale, in italiano, ricercato per conquistare nuovi clienti allargando il giro d’affari dell’azienda.
Meritano una nota in più la terza e la seconda posizione, rappresentative di due fattori di competitività e crescita trainanti e sempre più interconnessi come l’innovazione tecnologica e la sostenibilità.
L’Analista SOC o Cyber Security Analyst occupa il terzo posto in classifica ed è evidente già dall’etichetta che il focus è quello della sicurezza informatica: la domanda di competenze tecnologiche, in questo caso, risponde a esigenze ormai imprescindibili di protezione dei dati e delle reti.
Medaglia d’argento per il Sustainability Specialist, capace di scalare in un anno ben tre gradini della classifica LinkedIn! Chiamato a implementare e supervisionare le strategie di sostenibilità di un’impresa, il Sustainability Specialist deve sapere di ambiente e CSR, di rendicontazione e sviluppo sostenibile… Queste, almeno, sono le competenze per cui parrebbe più ricercato.
“I dati confermano che le competenze necessarie per la transizione sono di natura sia metodologica per l’implementazione di progetti di sostenibilità, sia tecnologica per la gestione dei dati a supporto”, commenta Francesca Rulli. “La sinergia fra digitale e sostenibilità per la creazione di valore condiviso – in letteratura, twin transition – è alla base di Y Hub, la prima holding italiana per la tracciabilità e la sostenibilità nel fashion & luxury: l’unicità di Y Hub consiste proprio nella sintesi fra metodologia, soluzioni tecnologiche e competenze che richiede il mercato”.
Tecnici e manager della sostenibilità cercasi
La ricerca di Manpower, che solo in Italia ha oltre 2000 posizioni “verdi” aperte, entra ancora di più nello specifico. Tra le figure ambite, troviamo il meccatronico e meccanico industriale green, l’ingegnere per l’energia eolica, il manager ambientale, l’architetto sostenibile, il Zero-waste Program Manager… Ma anche profili strategici e gestionali come l’analista per le energie rinnovabili, l’Environmental Risk Manager, il già citato Sustainability Officer, il Project Manager ESG, il Sustainable Manufacturing Innovation Director.
Difficile assumerli, difficile trattenerli. Come dire che la sfida non è solo arruolarli, ma anche fidelizzarli continuando a formarli. In inglese, si parla di upskilling e reskilling, attività entrambe necessarie perché la sostenibilità è materia in evoluzione costante sulla quale bisogna restare aggiornati e perché, se le competenze fuori scarseggiano, allora è il caso di puntare sulle risorse interne più affini e/o predisposte ad acquisire le competenze indispensabili per crescere sostenibili.
“Anche in Italia – spiega Rulli – cominciamo a notare una certa mobilità fra gli specialisti della sostenibilità. Essendo professionisti spinti spesso da forti motivazioni etiche, non si accontentano di lavorare per aziende che interpretano la sostenibilità come un’operazione di marketing e migrano giustamente altrove. Ecco, questo è un fattore di cui le aziende devono tenere conto perché certe risorse, una volta trovate, si trattengono solo occupandole in attività e progetti credibilmente mirati a obiettivi ESG”.